Pensare con le mani

A Cannaregio si lavora, con antichi e nuovi mestieri, in servizi a disposizione di tutta la città e con un’alacrità ed una creatività che stupiscono chi la scopre.
E allora, diamo valore al lavoro, conosciamolo, diffondiamolo, creiamolo.

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“L’arte migliore è quella in cui la mano, la testa e il cuore di un uomo procedono in accordo”, scriveva John Ruskin.
Le mani degli artigiani di Cannaregio lavorano giorno e notte in spazi nascosti fra le calli, a volte senza nemmeno un’insegna. Creano quello che prima non c’era, un terrazzo alla veneziana, una foglia d’oro, una lampada, un insetto di vetro, un ex libris, una serigrafia, una maschera.
La Fonderia Valese se ne sta acquattata dietro Madonna dell’Orto, come per modestia. Una calle stretta di mattoni arancioni, una scritta sul legno verde. Nel laboratorio Carlo Semenzato, allievo di Mario Valese, è sempre all’opera. Lungo gli scaffali, statue grandi e piccole, cavalli, leoni alati, lanterne, cavallucci marini.
Dalle parti di Santa Fosca, esiste un giardino in pietra nella città dell’acqua: libri tenuti aperti da santi e vescovi, mascheroni di filosofi greci, vere da pozzo ornate da creature infernali, tavoli intarsiati con tessere di onice, alabastro e pietra nera, caminetti in pietra d’Istria metallo-01e una splendida Venere in marmo bianco di Carrara. È l’antico laboratorio di marmi artistici Dall’Era Comelato, a cui Peggy Guggenheim ordinò il trono in pietra da collocare tra gli alberi secolari della sua casa museo. Da quattro generazioni seminano pietre colorate dalle quali nascono i pavimenti chiamati terrazzo alla veneziana.
In Fondamenta della Misericordia la famiglia Asin tramanda una lavorazione già conosciuta nel mondo greco e latino: per prima cosa si stende un fondo cocciopesto e calce spenta, poi con l’aiuto di sagome di legno e la tecnica del mosaico si realizzano le decorazioni e le figure, infine levigatura, stuccatura, lucidatura e cera d’api.
Un’arte umile che costringe a lavorare spesso con la schiena piegata o in ginocchio e che forse proprio per questo dura nei secoli.
In Calle del Fumo si resta a bocca aperta di fronte a un’oasi popolata di farfalle, api, coleotteri, uccellini, pesci tropicali, fiori.
Piccoli, fragili, preziosi arcobaleni di luce, sono gli oggetti in vetro realizzati dal maestro del vetro a lume Vittorio Costantini. Poco distante dalla bottega di Vittorio, il tipografo Gianni Basso insieme al figlio Stefano stampa con l’antica tecnica dei caratteri mobili, disegna ricercati ex libris e dedica una vetrina alla storia della tipografia; di fronte il corniciaio Francesco di Pumpo e in fondo alla calle la fucina del ferro battuto De Rossi con le sue fiabesche lanterne in ferro battuto e vetro di Murano.
Affaccia sul Rio di Santa Caterina il laboratorio di serigrafia artistica Fallani, dove la produzione grafica si affianca dagli anni Settanta a intensi workshop e attività culturali.
Non distantlegno-01e, dalle parti di calle della Pietà, un ingresso anonimo e due finestre con le grate attraverso cui s’intravedono fioche luci: lo scrigno di Mario Berta Battiloro custodisce l’arte medievale di battere l’oro e ridurlo a una foglia sottilissima, e propone anche un’inedita maschera cosmetica in oro 24kt.
Maestri di forcole (scalmi) e remi sono in altre botteghe come “il forcolaio matto” Piero Dri e vengono in mente anche il tappezziere Gianni Vianello, la fornace di Angelo Orsoni che produce mosaici di vetro a foglia oro e smalti, l’Atelier Nicolao che esporta in tutto il mondo, i tajapiera (scalpellini) Giovanni Giusto, Matteo Colli, Feiffer, Muffato e altri ancora, i produttori di perle di Momylia, i falegnami Bonaldi, Bagarotto e Bravin, il giovane restauratore di mobili Germano Lacchin, gli artisti/artigiani Pietro Russo e La stanza di Alice. Ma anche le tipografie Grafiche D’Este, Grafiche2am, Grafiche Veneziane e senza dimenticare i tappezzieri Alessandro Vianello, Marco De Paoli, i produttori di bandiere e giubbotti di salvataggio Nicolay, e il ferro battuto di De Rossi, la carpenteria metallica di Mainardi, quella di Gianfranco Zennaro e quella di Graziano Angelin. Non è un elenco completo, né vuole esserlo.
È solo un omaggio, un invito a conoscere tutti quelli, e sono ancora tanti, che a Cannaregio sono ancora capaci di pensare con le mani e di sorprendere con i loro gesti sapienti e le loro creazioni.

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Articolo rielaborato a cura della redazione a partire da “Artigiani a Venezia”, di Mario Anton Orefice.

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