di Marina Rodinò
Sarà perché più invecchio e più sento una struggente tenerezza nei confronti dei vecchi, ma questa apparente indifferenza nei confronti degli anziani che abbiamo vissuto in questi ultimi mesi mi fa stringere il cuore, si è iniziato con dichiarazioni del tipo “muoiono solo i vecchi”, come se questa cosa fosse tutto sommato accettabile e comprensibile, le generazioni in fondo devono rinnovarsi; poi questa vicenda delle case di cura per anziani considerate quasi come lazzaretti dove in fondo non si fa danno a nessuno…solo ai vecchi; poi battute tipo “pensa che bella botta per l’INPS”. Addirittura come dice la civilissima e democraticissima Svezia non vale la pena intervenire su anziani maggiori di 80 anni e su quelli da sessanta in su con due patologie.
Ricordo che una sera in Perù, in una veglia funebre per un anziano vicino, sua figlia mi ha detto “noi piangiamo ai funerali dei vecchi e non dei bambini, perché questi ultimi non hanno vissuto e non hanno potuto lasciare traccia di sè in questo mondo, ma i vecchi invece sono la nostra storia che con la loro morte comincia a svanire e questo è un dolore profondo, per le famiglie e per la comunità”.
Oggi noi abbiamo celebrato una storia che la generazione di fine ottocento ed inizio novecento ha lottato e costruito, penso ai nostri martiri di Cannaregio dal sessantenne Piero Favretti, al cinquantenne Ubaldo Belli, ai quarantenni Luigi Borgato e Giuseppe Tramontin, ai trentenni Bruno Crovato e Manfredi Azzarita fino al ragazzo ventisettenne Augusto Picutti. Grazie alla loro forza d’animo, speranza e capacità di vedere oltre, noi abbiamo vissuto per più di settant’anni in uno stato democratico. Ma oltre a tutti loro in quelle giornate di liberazione assistettero a quell’esplosione di euforia collettiva migliaia e migliaia di ragazzi e ragazze, bambini e bambine che sostanzialmente non avevano conosciuto che vent’anni di dittatura e cinque anni di guerra mondiale.
Il giorno della liberazione di Venezia quando le campane suonavano a festa ed in casa gli adulti ed i ragazzi più grandi si abbracciavano urlando “La pace, la pace”, Chiara di Cannaregio di sei anni aveva chiesto a suo padre “che cos’è la pace?” e suo padre aveva pianto. Chiara con tutte le altre e gli altri della sua generazione, oggi ottantenni, in quei giorni c’erano, e non hanno mai dimenticato né il senso di espansione che si è respirato da quel giorno in poi, né il senso di angosciante apprensione e dolore di quando, per un paio d’anni in precedenza, suo padre mandava lei e la sorella a tenere compagnia ad un’amica ebrea nascosta dalle suore domenicane. Tutte queste esperienze hanno fatto di lei e di tutti loro quelli che hanno dato alla mia di generazione la possibilità di sentirsi europei e cittadini del mondo e di vivere in pace per settant’anni….
Ora questa generazione noi la stiamo liquidando con i numeretti serali dei decessi Covid19: 500, 450, oggi 415…..Io non solo vorrei dedicare a tutti loro un pensiero particolare in questa giornata, ma vorrei che come Partito Democratico ci impegnassimo affinché la “vecchiaia” sia affrontata come un fatto politico, dove si riconosca la storia tracciata da una vita e si garantisca dignità piena: non più abbandoni, non più solitudine, non più morire in una casa di cura per l’incuria delle strutture regionali e sanitarie, e questo vorrei all’interno di un programma politico per questa città.
Buon 25 aprile