A Cannaregio una mattina di settembre del 1943

Il 16 settembre 1943 il prof. Giuseppe Jona (…) mi telefonò e mi chiese se potevo andare a salutarlo.
Egli, dopo trenta anni di primariato era stato allontanato dall’ospedale perché ebreo, e addirittura cancellato dall’albo professionale. Era una persona di grande prestigio che incuteva soggezione e nel contempo era amabilissima e di piacevole compagnia per la varietà di interessi culturali di cui era dotata (era stato anche presidente dell’Ateneo veneto).
Quando fu cacciato dall’ospedale e cancellato dall’albo, egli accettò di essere eletto presidente della Comunità ebraica di Venezia.
Mi accolse con grande affabilità, mi chiese che libro stavo leggendo (…). Fu una conversazione molto piacevole e stimolante. Ricordo che mi raccomandò di ascoltare gli altri compagni con la massima tolleranza. L’indomani mattina, 17 settembre 1943, mio padre mi informò che il prof. Jona si era suicidato: egli conservava, in un luogo segreto, gli elenchi degli ebrei veneziani. Temeva di essere arrestato e di essere costretto, sotto tortura, a rivelare alle SS il luogo ove gli elenchi erano conservati.
Qualche giorno prima del suicidio aveva lasciato scritto:
«Ho tanti anni sulla groppa: la fine non può essere, né desidero che sia, molto lontana e credo che, malgrado l’ansia infinita con cui la attendo, non rivedrò il giorno in cui questa Patria adorata tornerà libera e padrona di sé e cesserà questa follia che ha recato tante iniquità e a me ha lacerato il cuore»

Dal libro “Per Gianni Milner”
edizioni: Fondazione Levi

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Nel 1936 dopo quarant’anni di servizio, Jo

Il volume riporta le relazioni presentate all’Incontro di studio Giuseppe Jona promosso dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti e dall’Ateneo Veneto di Scienze, Lettere ed Arti con il patrocinio della Comunità Ebraica di Venezia
Volume che riporta le relazioni presentate all’Incontro di studio Giuseppe Jona
promosso dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti
e dall’Ateneo Veneto di Scienze, Lettere ed Arti
con il patrocinio della Comunità Ebraica di Venezia

na si congedò dai suoi allievi. In pensione per i sopraggiunti limiti di età, l’anziano maestro evitò l’umiliazione di essere cacciato dal suo ospedale in seguito alle leggi razziali fasciste del 1938, ma perse la libera docenza e fu radiato dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti e dall’Ateneo Veneto. Nel 1940 fu depennato dall’Albo dei Medici come gli altri suoi correligionari e fu privato della sua professione.

Il 16 giugno 1940, anche se non era ebreo praticante, egli assunse il compito di guidare la comunità israelitica. Anche dopo l’8 settembre 1943 scelse di rimanere a Venezia come riferimento per chi non voleva o non poteva fuggire. Di fronte alla richiesta delle autorità tedesche di consegnare una lista aggiornata degli ebrei rimasti in città e al timore che potessero costringerlo a collaborare, Jona il 14 settembre redasse accurato testamento, lasciando gran parte dei suoi beni ad opere sociali e caritatevoli, e tre giorni dopo pose termine alla sua vita, dopo aver distrutto ogni documento in suo possesso che potesse rivelare l’identità e il domicilio degli ebrei veneziani. Il suo atto ostacolo’ l’attuazione dei piani di deportazione e lancio’ un segnale preciso alla comunità circa la drammaticità della situazione.

Giuseppe Jona è ricordato oggi in una targa del Campo del Ghetto di Venezia come “maestro di rettitudine e bontà” per aver aiutato la comunità ebraica “nell’ora tristissima della persecuzione”, offrendo “i tesori dell’anima sua grande”.

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