Calesele,
brevi corsivi che non si possono cancellare
Calesele.
Piccole calli, nemmeno degne di avere un nome, nelle quali i veneziani svicolano rapidi, tanto non c'è niente da vedere, né negozi, né palazzi.
Eppure, senza le "calesele", a Venezia non ci si muove.
Ho scelto questo nome per questi brevi "corsivi", che scriverò senza una periodicità definita, seguendo un po' le vicende veneziane; a volte per commentare piccoli fatti locali, ma, anche, per trarne considerazioni più generali; noterelle, con una certa leggerezza: se, poi, qualcuno ne trarrà spunto per riflessioni più serie, tanto meglio. Cino Casson
C'era un ritornello, qualche anno fa, che diceva "Perché Sanremo è Sanremo"; quello che è accaduto nella cittadina, nota per il Casinò e per il Festival canoro, è - purtroppo - una fotografia - magari un po' "photoshoppata" - dell'intera Italia.
Dipendenti del Comune che timbrano il "badge" e poi se ne vanno per i fatti loro (a fare la spesa, al bar, in canoa, a dormire se ne trovano dalle Alpi a Capo Lilibeo. E non solo nei Comuni, ma nei Ministeri, nelle Regioni, nelle ASL, nella miriade di uffici pubblici (e, magari, anche in qualche struttura privata "convenzionata", dove a pagare è sempre il denaro pubblico).
Come prevedibile il fatto ha scatenato commenti irati, auspici di "punizioni esemplari", di licenziamenti "in tronco"; ma la gran parte degli "indignati", a me pare, ha "sparato" su bersagli "laterali", attribuendo responsabilità che, o non ci sono proprio, o sono meno gravi di quelle dei dipendenti cialtroni.
C'è chi se la prende con il Sindaco, come se la funzione di primo cittadino comprendesse anche la "guardianìa" dei dipendenti comunali in ogni momento della loro giornata lavorativa; a me sembra che sindaci e assessori siano largamente esenti da responsabilità; il loro ruolo di amministratori elettivi ne fa responsabili "politici", non li colloca nella struttura gerarchica, non conferisce loro un potere disciplinare.
C'è chi accusa i dirigenti che, diversamente dal Sindaco, hanno anche il compito di vigilare sui comportamenti dei dipendenti. I dirigenti, in effetti, hanno il dovere di controllare, ma non possono essere fisicamente presenti a fianco di ogni macchinetta "timbra cartellini", perché dirigere comprende molte altre incombenze oltre alla vigilanza, magari anche più importanti; un buon stipendio non si giustificherebbe solo per svolgere un ruolo da spaventapasseri.
C'è chi stigmatizza l'omertà degli altri dipendenti che fanno onestamente il loro dovere, ma non denunciano i comportamenti trasgressivi dei colleghi, pur non ignorandoli.
I colleghi tacitamente conniventi certo sono moralmente censurabili; ma come credete che verrebbero guardati? Da spioni, da evitare, da "servi dei padroni". E se i dirigenti, in fondo, possono infischiarsene degli insulti, perché ben pagati, i "soldati semplici" sono anche pagati poco ...
Insomma, pare di capire, quei mascalzoni - e ladri, perché rubano lo stipendio, pagato con denaro pubblico - sono considerati meno colpevoli di quelli che, per inerzia o connivenza, non li hanno fermati.
No, non ci sto. La responsabilità individuale ha diverse gradazioni, un comportamento omissivo è meno grave di un comportamento commissivo.
Sanremo è Italia. La cialtroneria, denunciata anche dal fatto che molti dei dipendenti in questione erano prodighi di commenti indignati sulle malefatte dei politici, accomuna gli impiegati sanremesi ai romani che parcheggiano in terza fila, ai veneziani che presentano ai turisti un conto al ristorante "maggiorato", ai pizzighettonesi ( si dirà così?) che offrono la "bustarella" al vigile per non farsi multare. Tutti d'accordo, poi, nel chiedere la gogna per la "casta".
Non meravigliamoci, allora, se qualcuno, più che deplorare i ladri, accusa i poliziotti di non arrestarli.
Cino Casson
11 ottobre 2015
Una riflessione sul "caso Marino".
Sono stato tra i - non molti, ma neppure pochissimi - sostenitori di Ignazio Marino, quando si candidò alla segreteria del PD. L'ho fatto perché era sostanzialmente estraneo all'apparato, aveva un mestiere, puntava su meritocrazia e laicità. Ho dato, per una volta nella vita, un voto "di testimonianza", sapendo bene che sarebbe stato eletto Bersani, che consideravo più attrezzato per il compito.
Quando Marino si candidò a sindaco di Roma pensai che avesse fatto male.
Nessuna esperienza amministrativa, nessuna conoscenza dell'infernale apparato comunale romano e delle contiguità e connivenze della politica romana con ambienti strettamente intrecciati a gruppi di interesse oscuri, a volte addirittura delinquenziali.
E, poi, Marino non è romano, non è sua - ed è un suo merito - quell'attitudine romana all'acquiescenza, quell'atavica propensione al "farsi li cazzi sua", quello scetticismo sull'immodificabile scorrere degli eventi come l'acqua del Tevere, quella disponibilità a stare sempre "'ndove se magna", come nella bellissima e orrenda foto di Alemanno, Polverini e Bossi a ingollare la "pajata". Un vaso di coccio. E un ingenuo. Come non pensare che gli avrebbero fatto tutti la guerra? E non con la politica, come sarebbe stato naturale, ma con le "puncicate", le coltellate non mortali dei diversi "er più", capiclan di quartiere (o di municipalità).
Credete che sia stato un caso che, tra le migliaia di automobili parcheggiate in sosta vietata, non l'abbia fatta franca solo la sua Panda rossa? Credete che i distrattissimi vigili urbani di Roma non si siano fregati le mani all'idea di multare proprio quel sindaco "alieno"?
E le migliaia di incivili che buttano ogni genere di spazzatura per le strade, credete che non siano stati istigati'? Quando Alessandro Gassman propose ai romani di pulire il tratto di strada davanti a casa loro, quanti risposero che "Io pago le tasse e sporco quanto voglio. Ci pensi il Comune a ripulire.".
Quando esplose "Mafia Capitale", Marino era dalla parte degli onesti, di quelli che non sopportavano gli appalti truccati, le ambiguità trasversali nella gestione delle municipalizzate; è stato il primo sindaco a portare in Procura tutto quello che non gli sembrava legale, è stato il primo sindaco a contrastare le "lobbies", ricche e straccione, che hanno sempre goduto di accessi preferenziali ai palazzi capitolini.
Marino non è mai stato simpatico a Renzi, ma i "boss" del PD romano lo hanno odiato, anche perché ha indotto Renzi a commissariarli e a mandare Barca a tracciarne un impietoso ritratto.
E tutti quei "topi nel formaggio" hanno colpito Marino nei suoi "talloni di Achille".
Marino ne ha, certamente, ma su essi si è esercitato un accanimento forsennato.
Poteva tornare subito dalle ferie, all'epoca del funerale Casamonica; poteva fare a meno di intrufolarsi nella visita negli U.S.A. del papa, ma credete che sia stata quella goffa apparizione a giustificare la beffarda sottolineatura di Francesco sulla mancanza di invito? O non, piuttosto, la registrazione in comune dei matrimoni gay?
E quando ha "pestato la merda" delle spese di rappresentanza non giustificate nessuno ha aspettato di vedere l'esito delle - doverose - indagini giudiziarie. No, Marino è un ladro, anche lui, come un Fiorito qualsiasi.
Certo, Marino ha fatto malissimo, se lo ha fatto, a pagare con la carta di credito del Comune una cena con sua moglie; ma tanti moralisti dell'ultima ora hanno sempre girato la testa dall'altra parte, quando si sono usati pesi e misure ben diversi in casi ben più gravi.
Sia chiaro, non scuso Marino per le sue - ancora presunte - furbate, ma i cori di giubilo dei 5 Stelle e di Casa Pound mi preoccupano assai di più.
Forse Marino ha fatto bene a dimettersi, era ormai "un'anitra zoppa"; ma gli sciacalli sono bestie peggiori.
Cino Casson
20 settembre 2015 Beni Culturali Stupirò i miei cinque lettori (Manzoni se ne attribuiva venticinque, quindi sono forse un po' presuntuoso), ma devo dire che, questa volta, trovo eccessiva la reazione del presidente del Consiglio e del ministro dei Beni Culturali per l'episodio della mancata apertura del Colosseo per una assemblea sindacale.
Non ho alcuna simpatia per i sindacati e trovo che siano, soprattutto nel settore pubblico, di un corporativismo ingiustificabile, ma, nel caso in questione, l'assemblea era stata preannunciata e autorizzata con largo anticipo; le sue conseguenze erano prevedibili ed era possibile limitarne il danno. Tra l'altro la motivazione - da quel che ho letto - non era delle più peregrine, un grave ritardo nell'erogazione di parte della retribuzione, una ragione seria.
Sono, per altro, d'accordo sull'inserimento del settore dei Beni Culturali tra quelli di preminente interesse pubblico, soggetti a una disciplina più restrittiva in materia di diritti sindacali; il turismo è - e ancor più dovrebbe essere - il settore di maggior interesse, anche economico, per l'Italia.
Le responsabilità dei sindacati sono altre e ancora più gravi.
Opporsi a una distribuzione più funzionale degli operatori, ad esempio.
Gian Antonio Stella, sul "Corriere" del 19 c.m., ci ricorda alcuni esempi: "diciotto addetti che fanno la guardia a Mazara del Vallo (e dicono che non ce la fanno...) al bellissimo Satiro Danzante ospitato in un solo grande salone dotato per di più di sei telecamere (sei!) per la videosorveglianza." e l'assurdità del numero degli addetti in Campania, 1.525 custodi e cioè quanti il Veneto (408) la Lombardia (465), il Piemonte (348), il Friuli-Venezia Giulia (157) e la Liguria (171).
Se qualcuno proponesse di spostare questi signori dove ce n'è più bisogno, credete che i sindacati sarebbero d'accordo? O che non griderebbero alla "deportazione"?
O se qualche bizzarro signore come me osasse dire che certe opere d'arte starebbero meglio in un grande museo, in una grande città, dove potrebbero essere ammirate da un ben più alto numero di visitatori, non sarebbe accusato di voler sottrarre a un territorio uno dei suoi tesori?
Forse la stupenda Madonna del Parto di Piero della Francesca si sarebbe risparmiate le innumerevoli vicissitudini - e rischi - se, sfidando le ire dei monterchiesi, fosse stata collocata a Firenze o a Milano.
E, per restare all'esempio di Stella, la statua del Satiro Danzante non sarebbe ben più valorizzata a Napoli o a Palermo?
Ma non divaghiamo.
Il punto è che l'Italia investe troppo poco nei suoi beni culturali e che resistenze corporative e localistiche ostacolano un più razionale utilizzo delle risorse; su questo credo che il governo dovrebbe impegnarsi, più che in esibizioni muscolari.
E, per converso, smettiamola di strillare sempre agli attentati alla democrazia."Al lupo! Al lupo!" .
Cino Casson
13 settembre 2015 Grandi navi e piccoli navigli
Le grandi navi sappiamo tutti cosa sono; il piccolo naviglio, mi sembra, il PD.
Non entro nemmeno nel merito delle diverse soluzioni proposte alla questione "grandi navi"; per una serie di ragioni, che ho cercato di spiegare tempo addietro, nessuna di esse mi convince.
Ancor meno, però, mi convincono le dichiarazioni della capogruppo regionale del PD, Moretti, alla quale arriva di rinforzo il capogruppo comunale Ferrazzi.
Ignari - e non sarebbe un titolo di merito - o incuranti - e sarebbe anche peggio - della lettera scritta qualche giorno fa da Zanda, dichiarano il loro favore all'idea di Costa e Brugnaro di portare le navi in Marittima attraverso il Canale dei Petroli e il Canale Vittorio Emanuele.
Che Alessandra Moretti non conosca la laguna, passi, (anche se, nell'ignoranza, sarebbe meglio tacere), ma Ferrazzi sa bene di cosa si parla, di un intervento "pesante" quasi quanto il Contorta. I nostri rappresentanti istituzionali ripetono quello che, ormai, è un "mantra" : si salvaguardano l'ambiente, la portualità, i posti di lavoro ... Insomma, l'unica cosa che si sacrificherebbe è il piacere dei croceristi di sfilare davanti a Piazza S.Marco ...
Il mio stupore, però, non deriva tanto dalle - legittime - opinioni dei due, quanto dalla mancanza di qualsiasi opinione ufficiale del PD.
Quando, dove, con la partecipazione di chi, il PD veneziano ha operato la scelta tra le diverse opzioni? E le segreterie - sia pure in attesa di congressi - tacciono?
Il PD pare proprio un "piccolo naviglio". E al timone c'è il cambusiere.
Cino Casson
6 settembre 2015 Tifosi
Oggi non scrivo su fatterelli veneziani; ogni tanto è buona cosa guardare al di là della cinta daziaria (termine difficilmente noto agli under 50), perché ci sono degli archetipi che accomunano al di là della geografia.
Allora: un assessore della Giunta comunale di Roma ha suscitato forti polemiche, per aver usato una immagine ... poco olezzante nei confronti di una squadra di calcio della capitale.
Lasciamo perdere l'ineleganza dell'espressione, ormai siamo abituati (io, malvolentieri) a un linguaggio piuttosto greve.
E non c'è nulla di male a fare il tifo per una squadra di un'altra città, come non deve scandalizzare che un italiano sia buddista.
Piuttosto c'è da osservare che un amministratore comunale dovrebbe trattenersi, per opportunità, dall'ostentare disprezzo per una delle squadre del comune che amministra.
Chissà cosa direbbe Brugnaro, se uno dei suoi assessori insolentisse la "sua" Reyer ...
Veltroni, notoriamente juventino, manteneva, da sindaco di Roma, un totale distacco dal tifo.
Peccato veniale, intendiamoci.
Peccato grave, invece, quello di chi - pare di SEL - ne ha chiesto le dimissioni. Quando si dice lo sprezzo del ridicolo ...
Peccato grave - aggravato dalla conclamata intelligenza dell'uomo - quello di D'Alema, che pretende le scuse alla città da parte dell'assessore. O, in mancanza, addirittura dal sindaco.
Voi capite bene che Mafia Capitale e i funerali di Casamonica sono bazzecole.
Dite pure quello che volete di Roma, ma giù le mani dalla Roma.
Cino Casson
25 agosto 2015 Selfie(2°) Non sono uno che ama i rapporti superficiali. Ben difficilmente rivolgo la parola ai compagni di viaggio in treno, men che meno in aereo, dove la coatta vicinanza fisica, anzi, mi infastidisce al punto di provare un senso di ostilità per chi mi siede a fianco.
Detesto certe ritualità delle attività associative, le foto di gruppo, i cori, i brindisi.
Non sopporto la folla e, alle conferenze, siedo in prima o in ultima fila; in prima, se penso che resterò fino alla conclusione, in ultima, se ho intenzione di andarmene, per non disturbare.
Quante volte, fermandomi a metà di un ponte per permettere a qualche turista di scattare una fotografia, ho mandato al diavolo i - molti - maleducati che non mi facevano nemmeno un cenno di ringraziamento per la cortesia.
Insomma, sono un po' misantropo.
Eppure rimpiango la richiesta - se fatta con gentilezza - di una coppia che mi pregava di scattarle una fotografia in un punto pittoresco di Venezia.
Perdevo volentieri quei pochi secondi e mi sforzavo di inquadrare bene, per lasciare loro un ricordo non privo di valore estetico.
Oggi nessuno ti domanda più di fargli una foto: si immortala da sè, con il telefonino, spesso retto da un'asticciola a cannocchiale.
Un "fai da te" che, in genere, produce brutte immagini. E un modo per restare straniero.
15 agosto 2015 Un avvio sottotono. È stato eletto il Consiglio della Città Metropolitana, che ha segnato, bisogna riconoscerlo, un successo del centrodestra e una nuova delusione per il centrosinistra.
Quello che colpisce è, però, lo scarso interesse dei cittadini, soprattutto dei "fans" dei social network, che, di solito, abbondano in commenti anche su questioni di scarsissimo rilievo.
La gran parte dei - pochi - che hanno espresso una opinione ha dimostrato una pressocché totale ignoranza sulla nuova istituzione.
Molti hanno stigmatizzato la nascita di un "nuovo carrozzone", sottovalutando che il nuovo organismo sostituirà la Provincia, assumendone molte funzioni; non si aggiunge, perciò, alcuna nuova "macchina mangiasoldi", ma si dà una diversa configurazione a un "ente intermedio" tra Comuni e Regione.
La Città Metropolitana assorbirà parte del personale della Provincia, quello funzionale alle deleghe, mentre il restante personale verrà suddiviso tra Comuni e Regione, senza aumento di spesa.
Anzi - almeno questo prevede la legge - si dovrebbero ottenere risparmi, poiché la C.M. avrà compiti di gestione diretta di servizi più ridotti rispetto alla Provincia.
Altra critica ricorrente è per il - presunto - costo degli emolumenti agli amministratori.
Detto che gli amministratori provinciali già ricevevano compensi molto modesti e non godevano di alcun "vitalizio", i nuovi amministratori non riceveranno alcun compenso, essendo già Sindaci o consiglieri comunali, con le relative indennità che resteranno a carico delle amministrazioni di appartenenza.
Dispiace che le - spesso, ma non sempre motivate - accuse di sperpero di denaro pubblico a favore della "Casta" facciano emergere atteggiamenti qualunquisti, distogliendo l'attenzione da quelli che dovranno e potranno essere i vantaggi della nuova istituzione.
Il dato, però, che mi induce a un certo pessimismo è la partecipazione al voto, l'80,1% degli aventi diritto.
I titolari del diritto di voto, infatti, non sono privati cittadini, ma tutti i consiglieri dei comuni della provincia di Venezia; poche centinaia di persone, cioè, che hanno un impegno amministrativo e politico liberamente assunto.
Ci si doveva aspettare una partecipazione, al netto degli ammalati, del 100%; che un quinto di essi non abbia voluto sobbarcarsi il modesto onere di recarsi al seggio non è di buon auspicio.
Ed è un peccato, perché, invece, la redazione dello Statuto sarà un compito di grande rilievo: speriamo in un impegno più robusto.
Cino Casson
25 luglio 2015 Chi ben comincia... Si sta rimettendo in piedi l'amministrazione comunale di Venezia, dopo un anno di gestione commissariale.
Abbiamo un sindaco, una giunta, un consiglio. E le commissioni consiliari, che dovranno lavorare molto e duro per cercare di recuperare ritardi, modificare parecchie decisioni improvvide, riavviare un confronto democratico.
E la nuova maggioranza comincia con una infantile ripicca; per ritorsione a una mancata nomina in una municipalità, nega una presidenza di commissione all'opposizione, venendo meno a una consolidata consuetudine. Roba da bimbetti di scuola materna.
Anche nell'opposizione, però, non mancano "bambinoni", pronti a frignare.
I pentastellati accusano PD e Lista Casson per non aver votato un loro candidato alla presidenza di una commissione. Ma non erano loro a rifiutare qualsiasi accordo con altri partiti?
Sarebbe il caso di far notare a tanti volenterosi neofiti che le presidenze di commissione non sono posti di potere, che non prevedono alcun emolumento e non offrono alcun "benefit".
Sono degli incarichi "di servizio", utili, se ben usati, a disciplinare la discussione interna, favorendo una dialettica fisiologica tra maggioranza e opposizione.
Richiederebbero esperienza - ma in questo consiglio ce n'è pochina - equilibrio, capacità di ascolto.
Insomma, cominciare con sgarbi e lamentazioni non è il modo migliore di avviare i cinque anni di attività.
Cino Casson
14 luglio 2015 Selfie
A metà della scorsa settimana qui a Venezia, un violento temporale ha portato un po' di fresco, dopo parecchi giorni di temperature alte e afose.
Ma l'apprendere, poco dopo, che la riviera del Brenta era stata devastata da una potentissima tromba d'aria, con una vittima, numerosi feriti e la distruzione di case, ville, aziende agricole, con danni economici e sociali ingentissimi, ci ha tolto quel respiro che l'abbassamento della temperatura ci aveva regalato.
Gli studiosi di metereologia e climatologia ci dicono che, purtroppo, certi fenomeni sono possibili, ma non è possibile prevederne né il quando, né il dove, né la potenza.
Tuttavia sappiamo per certo che il riscaldamento climatico globale, che è l'origine principale di una sorta di tropicalizzazione delle zone temperate, ha, tra le sue cause dimostrate, una dissennata politica energetica, lo sfruttamento illimitato di suolo e di risorse naturali; insomma, l'incapacità degli umani di occupare il pianeta rispettandolo.
Esserne consapevoli deve indurci a modificare il nostro atteggiamento. Ed è possibile, basta volerlo davvero.
Nulla, o quasi, possiamo fare, invece, per rendere consapevoli dello loro insana idiozia quelle centinaia di bipedi, dotati di telefonino e asta per "selfie", che si sono precipitati sui luoghi della disgrazia per immortalarsi davanti ai tetti crollati, agli alberi divelti, alle automobili accartocciate.
E per "postare" quelle orribili immagini - rese più disgustose dalle espressioni sceme dei loro volti - sui "social network".
Uno scrittore ha paragonato quegli imbecilli alle iene. Non sono un animalista, ma rispetto gli altri animali. E so che le iene - come tutti gli animali - obbediscono ai loro istinti naturali, sui quali non ha senso esprimere giudizi morali. Mentre sui "selfisti" si può - e si deve - esprimere un giudizio morale di disprezzo.
E, poi, alle iene, se davvero diventano pericolose, si può sparare.
Ai cretini, no. E verrebbe voglia di aggiungere: purtroppo. Cino Casson
9 luglio 2015 Speculazione culturale?
Non sarei tornato sulla questione del ritiro dei libri antidiscriminazione, primo e insulso atto del nuovo sindaco, se non avessi letto, oggi, una dichiarazione di Brugnaro diffusa come comunicato. Ne riporterò alcuni brani, commentandoli per quanto sia possibile commentarli. "Denunciamo la polemica inerente quelli che sono stati definiti i libri sulla teoria gender. Ne è nata una speculazione culturale che non ci intimorisce." Quelli che sono stati definiti. Ma da chi, se non da Brugnaro stesso (e da alcuni servi sciocchi)? La "speculazione culturale" non intimorisce il prode sindaco; ci mancherebbe: Brugnaro è persona che ha un grande rispetto per la cultura. Se, casualmente, la incontrasse per strada, si toglierebbe il cappello.
"Il vizio di fondo è stata l’arroganza culturale con cui una visione personalistica della società è stata introdotta ..." Una "visione personalistica". Qualcuno spieghi al sindaco che il "personalismo" è un concezione filosofica, promossa, al'inizio del '900, da Charles Renouvier e che ha il suo più autorevole esponente in Emmanuel Mounier. Forse voleva dire "personale"? Lo avvisino che non sono sinonimi.
" E' quindi nostra intenzione esaminare con cura e obiettività i testi, non distribuendo quelli inopportuni per i più piccoli ..."
Cioè, prima sequestro, poi esamino. Custodia cautelare. E poi dicono che un ex magistrato non era adatto a fare il sindaco ... "Molti libri, che trattano i temi legati alla discriminazione fisica, religiosa e razziale, sono notoriamente straordinari e verranno certamente ridistribuiti ..."
Ma se sono "notoriamente" straordinari, come mai sono stati sequestrati? Oppure la "notorietà" non rileva, dato che al dott. Brugnaro non erano "noti"? "Sarà un lavoro di analisi fatto con cura e attenzione, anche approfittando del periodo estivo e delle vacanze scolastiche, valutando quali siano le persone più adatte a questa selezione ed evitando, così, ulteriori diatribe e strumentalizzazioni di un argomento che, ad oggi, ha fatto anche troppo parlare di sé".
Eh, sì, niente di meglio delle vacanze per leggere qualche buon libro; peccato che il sindaco nulla dica sui criteri che seguirà per individuare le "persone più adatte" alla lettura.
E ha certamente ragione, il sindaco, a deplorare le "diatribe". Informiamo Brugnaro che "diatriba" significa "scritto o discorso di tono aspramente polemico"; chi l'ha innescata, la polemica?
Mi resta una curiosità. Il sindaco usa la prima persona plurale perché assume di parlare a nome di tanti o perché usa il "plurale maiestatis" dei sovrani e dei papi?
Ma questi comunicati se li scrive lui, o ha qualcuno che glieli scrive? Perché, in tal caso, farebbe bene a fargli frequentare un corso di recupero in lingua italiana.
Cino Casson
5 luglio 2015 Redentore Inizio dalla notizia apparsa oggi sulle pagine di cronaca locale: la nuova Giunta comunale ha deciso di estendere lo spettacolo pirotecnico del Redentore anche a diverse località della terraferma.
Un gesto che parrebbe dettato dalla volontà di far partecipi anche i cittadini di Mestre, Favaro, Malcontenta, Gazzera ... di una festa, forse la più sentita, dei veneziani "d'acqua".
E che sembrerebbe un gesto di generosità - a leggere il comunicato ufficiale - verso i cittadini di terraferma con problemi di mobilità, che avrebbero difficoltà a raggiungere il centro storico.
La "notte famosissima", però, non è solo un banale spettacolo folcloristico; fa parte della cultura veneziana, è una tradizione
che ha radici profonde, è festa popolare e religiosa, con i suoi riti e rituali. Le barche addobbate con i "baloni" illuminati, un tempo con candele o "lumini", oggi a "led", che si portano nel canale della Giudecca; i piatti tipici, "sarde in
saòr" - nella versione estiva, senza uvetta e pinoli - "anara rosta" e vino "in fresca", una volta nel secchio del ghiaccio, oggi nei frigoriferi portatili. La notte, dopo i "foghi", il lento trasferimento verso il Lido, a veder l'alba.
E, domenica, il pellegrinaggio sul ponte provvisorio fino alla chiesa palladiana del Redentore, che ha una particolare suggestione anche per chi, come chi scrive, non è credente.
A Venezia, a godere dei "foghi" e dello spettacolo, altrettanto emozionante, delle migliaia di persone assiepate lungo le rive, tutti sono i benvenuti.
Ma qui, sulla scena inimitabile del bacino di S. Marco.
Estendere l'aspetto più spettacolare - ma, anche, più superficiale - della festa a un territorio che non è cresciuto in questa tradizione è un piegarsi all'omologazione, all'idea che la cultura popolare sia esportabile come un qualsiasi "prodotto pop".
Non meraviglia che questa discutibile idea sia venuta in mente a un sindaco che a Venezia non è nato, che non ha vissuto, fin da bambino, tutta l'ingenua magia di "questa" notte.
Cino Casson