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Pietas
La nonna e l'Edicola dei Mori |
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Innovazione sociale, cultura, sport,
ambiente e territorio |
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Curiosità Veneziane di Giuseppe Tassini … e non solo
per ripercorrere e riconoscere i luoghi
e gli accadimenti di questo nostro sestiere nei secoli |
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Abazia (Fondamenta, Sottoportico, Campo, Ponte, Fondamenta dell')
a S. Maria della Misericordia. La chiesa abaziale di S. Maria della Misericordia, detta l'Abazia, s'innalzò nel 939 sopra un terreno erboso, chiamato Val Verde, o dal solo Cesare dei Giulii, detto Andreardo, o dalle famiglie Giulia e Moro insieme congiunte. In sulle prime si consegnò ad eremiti, e quindi a frati, probabilmente Agostiniani, che vi eressero accanto un convento, periti i quali nella peste del 1348, il priore, che solo era rimasto su, cedette prima di morire la sua dignità a Luca Moro. Questi ottenne nel 1369 che la sua famiglia dovesse possedere in perpetuo il giuspatronato della chiesa. La facciata della medesima fu rialzata nel secolo XVII sul disegno di Clemente Moli, a spese di Gasparo Moro filosofo insigne. L'interno però minacciava rovina, e ne fu preservato a merito del priore monsignor Pietro Pianton, che vi praticò radicali restauri.
Questa chiesa nel 1868 andò chiusa, ma nel 1884 venne comperata dal patriarca di Venezia Domenico Agostini coll'intendimento di restituirla al culto divino.
Fra i priori di S. Maria della Misericordia è degno di menzione il pio e dotto Girolamo Savina, che ottenne da Clemente VIII per sé e successori il diritto di portare la mitra ed il pastorale. Essendo egli stato avvelenato da un iniquo sacerdote nel sacro calice, desiderò prima di morire, il 9 giugno 1601, che venisse condonata la pena al sacrilego omicida.
S'impara da un'incisione del Lovisa che il «Ponte dell'Abazia» era nel secolo scorso di pietra. Quindi fu atterrato, e nel 1833 ricostruito di legno.
Sulla «Fondamenta dell'Abazia», nella così detta «Corte Nuova», la Scuola Grande di S. Maria della Misericordia aveva un ospizio, o, come dicevasi, ospedaletto, pei confratelli poveri. L'ingresso della Corte è ornato sopra l'arco da una scultura rappresentante la B. V. e Santi, e sotto vi è un'iscrizione donde s'impara che la fabbrica di quelle case venne incominciata e compiuta nel 1505, sotto il principato di Leonardo Loredan. |
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'The Mosque'
L'antica chiesa cattolica di Santa Maria della Misericordia, a Venezia, trasformata, solo visivamente, in una moschea, per la durata della Biennale.
La particolare opera di Christian Buechel, semplicemente intitolata 'The Mosque' e iniziativa del padiglione Islanda per la Biennale di Venezia, è destinata a far discutere già prima dell'apertura della 56ma manifestazione, in programma da sabato prossimo al 22 novembre.
'The Mosque' è un progetto artistico ambizioso perché non è mai stato concesso alla comunità musulmana della città di costruire una vera moschea pubblica nella città dei Dogi.
La struttura di origini bizantine, già rifatta in stile gotico nel XII secolo e restaurata nel 1864, non è più utilizzata per funzioni di culto da oltre quarant’anni, perché acquistata da privati.
Buechel, sposatosi con una donna islandese, ha ricostruito in ogni dettaglio gli interni, divenuti del tutto simili a una moschea. L'artista, già vincitore dell''Hugo Boss Prize' per l'arte contemporanea, è noto per lavori dal carattere politico-sociale che affrontavano i temi della guerra, dell'immigrazione, della povertà, criticando il consumismo, l'egemonia statunitense e la globalizzazione. Consegnare una moschea a Venezia, in pieno centro storico, è la sua ennesima provocazione.
ADN Kronos, 07/05/2015 |
«Luogo di culto e sovraffollato».
Il Comune ha chiuso la moschea della Biennale
Concessione revocata al padiglione islandese della Biennale, provvedimento con effetto immediato
Il commissario Zappalorto: «Gli organizzatori hanno giocato sull’ambiguità»
La Nuova Venezia 22/05/2015 |
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Curiosità Veneziane di Giuseppe Tassini
… e non solo
per ripercorrere e riconoscere i luoghi
e gli accadimenti di questo nostro sestiere nei secoli |
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Il Liceo di Santa Caterina.
La sua fondazione risale al 1807, per iniziativa napoleonica. Il decreto vicereale del 14 marzo di quell'anno stabilì l'istituzione di un numero limitato di licei per il Regno d'Italia; fra questi quello veneziano venne dotato di convitto per poter alloggiare gli studenti desiderosi di accedere a un sistema d'istruzione che aveva il preciso e dichiarato scopo di fornire una preparazione pre-universitaria.
A organizzare e dirigere la nuova scuola venne chiamato l’abate Anton Maria Traversi, noto scienziato dell’epoca e già da diverso tempo attivo nel settore dell’istruzione come insegnante e direttore di scuole. Spettò al nuovo direttore l’incarico di individuare gli insegnanti e soprattutto di reperire una sede adatta ad ospitare l’istituto. La scelta del Traversi cadde sull’ex monastero di Santa Caterina. |
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Il Liceo Marco Foscarini
L'annessione del Veneto al Regno d'Italia, nel 1866, ebbe come principale effetto per il Liceo l'assunzione della nuova e definitiva denominazione: dal 1867 il vecchio Liceo di Santa Caterina divenne il Regio Ginnasio Liceo "Marco Foscarini", in onore del doge-storico della letteratura del XVIII secolo. |
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Il Foscarini diventa Ospedale di Guerra
(...) in occasione della prima guerra mondiale il “Foscarini” dovette abbandonare temporaneamente la propria sede, dal momento che il complesso di Santa Caterina era stato destinato dalle autorità militari a ospedale. |
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Il Liceo durante il Fascismo
Il Convitto subì una interruzione nel suo funzionamento: fu infatti soppresso nel 1938, per far posto alla G.I.L. (Gioventù Italiana del Littorio) fu riaperto nel 1955. |
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Furono più di 150 gli ebrei veneziani, che a partire dalla notte del 5 dicembre 1943, vennero arrestati nelle loro abitazioni e trasferiti prima al convitto Marco Foscarini, poi alla prigione di Santa Maria Maggiore per essere infine deportati al campo di concentramento di Fossoli e, il 22 febbraio del 1944, ad Auschwitz dove trovarono la morte. |
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S. Caterina (Fondamenta, Rio, Ponte, Calle lunga).
Non si sa precisamente l'anno della fondazione della chiesa e del monastero di S. Caterina. Primi abitatori di esso sembrano essere stati alcuni religiosi Agostiniani, detti della Penitenza di Gesù, ed anche Sacchiti, o Sacchini, per la loro veste simile ad un sacco. Soppresso quest'ordine nel 1274, Giovanni Bianco, veneto mercadante, acquistò il locale nel 1288, e ne fece dono nel 1289 a Bortolotta Giustinian, che lo destinò ad uso di monache Agostiniane, sotto il vecchio titolo di S. Caterina dei Sacchi. Bortolotta era figlia del celebre Nicolò Giustiniani, già monaco in S. Nicolò del Lido, uscito dal chiostro col permesso del papa, ed unitosi ad Anna Michiel per dar successione al proprio casato. Nel 1807 le monache di S. Caterina vennero concentrate con quelle di S. Alvise, e nel loro monastero si collocò il Liceo Convitto, ora chiamato Marco Foscarini. La chiesa divenne allora, come lo è tuttavia, oratorio sacramentale dello stabilimento. Essa nel giorno della Santa titolare era visitata dal principe, e dalla Signoria perché in quel giorno, per mozione del doge Pietro Gradenigo (an. 1307), si celebrava la così detta «Festa dei Dotti», e schiudevansi i luoghi di pubblico insegnamento (25 novembre).
Essendo Suor Ginevra Querini, monaca professa del convento di S. Caterina, colà dentro carcerata, a requisizione del vescovo Castellano, per certa sua pratica col N. U. Federico Giustinian, ed avendole questi spedito una lettera ove le fissava la notte in cui sarebbe venuto a liberarla, volle il caso che ciò andasse all'orecchio degli altri due patrizi Domenico Contarini q. m. Pietro, e Paolo Erizzo q. m. Marco. Idearono i giovani scapestrati di sturbare l'impresa, e nella notte fissata si posero armati a ronzare intorno al convento, per cui il Giustinian, venuto alla posta, dovette per prudenza ritirarsi. Un'altra notte poi, coll'aiuto del N. U. Giacomo Nanni q. Giovanni, scalarono le mura del sacro recinto, penetrarono ov'era la monaca, e facendole credere che il Contarini fosse il Giustinian, si intrattennero al buio con essa. Scopertosi il fatto, il Contarini e l'Erizzo furono condannati, con sentenza 14 maggio 1446, ad un anno di carcere, ed a 100 lire di multa pel sacrilegio commesso. Il Nani poi ed il Giustinian a sei mesi di carcere, ed alla multa medesima, questi pel suo proposito di rapire la monaca, e quegli per aver dato mano a scalare il convento.
Riporta il Sanudo che, volendo il patriarca, per breve avuto dal papa, consecrare monaca in S. Caterina una donna di casa Michiel, né volendolo le monache, che dicevano aver essa il marito ancor vivo, domandò l'aiuto del braccio secolare, e la notte del 10 ottobre 1517 mandò il proprio vicario ad entrar per forza nel monastero, atterrandone le porte. Le monache allora si chiusero in campanile, e cominciarono a suonare campana a martello, dal che nacque un maledetto tafferuglio nella contrada. |
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Li hanno portati via
Il ricordo del signor Loris Volpato
…..Anche la famiglia delle nostre amiche Grassini, essendo di origine ebraica era stata prelevata dalla propria casa e provvisoriamente portata nel convitto Marco Foscarini che nel frattempo era diventato sede della milizia fascista. Così un giorno, mia madre e la zia Mary decisero di andare a trovarli e portarono anche me e mia sorella.
Andammo al Marco Foscarini la grande sala era piena di gente: “una visione che non dimenticherò mai”.
I volti delle persone “fermate” dalle polizia erano tesi; quelle dei grandi esprimevano preoccupazione e paura, i bimbi erano stanche e in lacrime. Il cibo ed i fiaschi di brodo che avevamo portato divennero una manna e servirono a confortarli; un sorriso di gratitudine balenò negli occhi di quelle care persone strappate dalle loro case ed incapaci di farsene una ragione….. |
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| 1915-1918 Il Liceo Foscarini trasformato in Ospedale di Guerra |
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Curiosità Veneziane di Giuseppe Tassini
… e non solo
per ripercorrere e riconoscere i luoghi
e gli accadimenti di questo nostro sestiere nei secoli |
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Calle Piero Favretti già Colombina |
Colombina (Calle, Campiello, Ramo Calle)
ai SS. Ermagora e Fortunato. Questa Calle, che sbocca sul «Rio Terrà della Maddalena», ricorda colle prossime strade una famiglia cognominata «dalla Colombina» forse pell'insegna del proprio negozio. «Isabeta et Cristina da la Colombina» notificarono nel 1582 di possedere una casa, ove abitavano, nella parrocchia dei SS. Ermagora e Fortunato, in «Rio Terrà».
Un'altra «Calle Colombina» havvi in «Birri» a S. Canciano. A questo proposito rammenteremo come i Necrologi Sanitarii registrino decessa il 1° luglio 1551 in parrocchia di S. Canciano «una puta de mesi 6, fia de m. Francesco dalla Colombina», e come l'Anagrafi pel 1642 ponga fra i cittadini della medesima parrocchia l'«Ill.mo Sig. Giacomo Gambirazi, marcer alla Colombina». Esaminando poi la Descrizione della contrada di S. Canciano pel 1661, emerge chiaramente che una «Catterina relita del q. Zambat. Gambirasi» abitava allora in «Birri», sul principio della «Calle Colombina».
Una terza «Calle Colombina» apresi presso la «Fondamenta Savorgnan» in parrocchia di S. Geremia. Trovasi che colà nel 1661 un «Giacomo Colombina»abitava in una casa di Pietro Ferretti, ed un ricordo anteriore di questa famiglia nella parrocchia di S. Geremia ci vien porto dalla seguente fede mortuaria:«1601, 10 zugno, Zuane fio del q. Zuane Colombina cascado zo da una finestra d'anni 6 - S. Geremia».
Calle Piero Favretti già Colombina
---- Tutto cambiò drasticamente il 6 luglio 1944 alle ore 14 quando il maresciallo Bartolomeo Asara venne ucciso e puntuale scattò la rappresaglia secondo il modello nazista 10 a 1. Il giorno successivo il colonnello e comandante della Gnr di Venezia Salvatore Morelli decise di attuare una rappresaglia. Nella riunione erano presenti tra gli altri i famigerati torturatori Ernani Cafiero e Waifro Zani.
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Furono organizzate 10 squadre composte ognuna da 3 fascisti, le quali avevano degli elenchi di persone sospettate di antifascismo, da uccidere.
La notte tra il 7 e l'8 luglio avvenne la rappresaglia: molte case furono perquisite e 5 antifascisti furono tratti fuori dalle proprie abitazioni con l'inganno di semplici interrogatori, e poi freddati con un colpo di pistola alla nuca.
Essi sono: Augusto Picutti cameriere, Ubaldo Belli maestro elementare e antifascista cattolico, Luigi Borgato calzolaio, Bruno Crovato meccanico e Piero Favretti capostazione e partigiano nelle Brigate “Matteotti”.
I cadaveri dei 5 furono lasciati nel luogo della loro morte per 2 giorni in modo tale da poter essere visti dalla gente. |
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Ciàcole
Luni ze 'nda da
Marti parché el ghe diga a
Mercore che'l vaga zo da
Zioba che'l marcia zo da
Venere che'l vaga dirghe a
Sabo che
Domenga ze festa |
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