Una riforma targata PD

Con i suoi 300 deputati e i suoi 112 senatori i parlamentari PD costituiscono oltre i tre quarti dei fautori della riforma. Anche tenendo conto di alcuni dissenzienti questa è, qualsiasi cosa si pensi nel merito, o una riforma targata prima di tutto PD.
Dichiarazioni di alcuni esponenti del Partito Democratico:

  • Giorgio Napolitano: “Sono convinto della necessità di questa riforma da oltre trent’anni, in cui il problema non trovava soluzione a fronte di necessità sempre più incalzanti»
  • Luigi Zanda:  “La riforma si fonda su cinque colonne. La prima è la fine del bicameralismo perfetto. Una camera politica che dà la fiducia al governo. Nessuna società per azioni, nessuna azienda vivrebbe su due cda.
    La seconda è la nascita del Senato come istituzione delle autonomie territoriali. È quello che avviene in tutta Europa. Una istituzione che può tenere insieme Nord e Sud del Paese.
    La terza è la razionalizzazione del processo legislativo. Basta decreti legge a pioggia, basta maxiemendamenti, basta fiducia. Non è democrazia sana.
    La quarta gamba è la ridefinizione delle competenze dello Stato e delle regioni. Si riattribuiscono allo Stato competenze fondamentali come le grandi reti infrastrutturali. Mi sembra fondamentale in un momento in cui alcune scelte nascono a Bruxelles. Non è possibile che veti localistici blocchino decisioni nazionali”.
    Il quinto motivo è che con la riforma la partecipazione e la democrazia diretta aumentano le proprie potenzialità. Attraverso la nuova normativa sulle leggi di iniziativa popolare e i diversi quorum dei referendum. Non è cosa di secondaria importanza. Io credo che al di là dei toni accesi di questa campagna elettorale questi siano buoni motivi per votare Sì domenica 4 dicembre”.
  • Walter Veltroni:  “Non penso che questa riforma sia la panacea di tutti i mali, ma penso che sia la scelta che favorisce l’innovazione. E poi diciamocelo, se non passa la riforma, se ne riparlerà tra tanti anni”
  • Anna Finocchiaro: “Sono qui a Milano perché sono una donna di sinistra che voterà sì al referendum. Questa riforma costituzionale è in assoluta continuità e coerenza con la nostra elaborazione almeno da 20 anni a questa parte”
  • Gianni Cuperlo: “Non bloccare il tentativo di riforma è la scelta giusta per il Paese”
  • Luciano Violante: “Voterò si. È una riforma che riprende le linee essenziali di molti progetti degli anni passati. In particolare corrisponde a quella che fu impropriamente chiamata “bozza Violante” e che fu approvata senza voti contrari nella commissione Affari Costituzionali alla Camera”.
  • Romano Prodi: “Anche se le riforme proposte non hanno certo la profondità e la chiarezza necessarie, tuttavia per la mia storia personale e le possibili conseguenze sull’esterno, sento di dovere rendere pubblico il mio sì, nella speranza che questo giovi al rafforzamento della nostre regole democratiche soprattutto attraverso la riforma della legge elettorale”
  • Giuliano Amato: “è da considerare positivo il semplice fatto che in Italia “ci sia una riforma costituzionale approvata e da discutere nel merito”
  • Piero Fassino: «Da sempre. I contenuti della riforma sono coerenti con battaglie antiche della sinistra italiana»
  • Enrico Letta: “voterò sì, lo ribadisco con forza, perché mi sono impegnato a far nascere il percorso delle riforme e perché ne sono convinto”
  • Enrico Rossi: “Voto Sì malgrado Renzi”
    “Non cambiare, per lo stato in cui versano le istituzioni, sarebbe un errore. E non sarebbe facile ripartire.”
    “Il contenuto è avere una Camera che fa la maggior parte delle leggi, un Senato rappresentante dei territori, magari supportato dall’elezione dei senatori con una proposta di legge come quella di Vannino Chiti. E poi la revisione del Titolo V sui poteri alle regioni che a me non piace. Andiamo verso una nuova forma di centralismo ma potrà essere corretto successivamente questo aspetto”.
  • Matteo Orfini: «Il nostro Paese ha bisogno di cambiare. Oggi i meccanismi con cui funzionano le istituzioni sono lenti e inadeguati. Con la riforma rendiamo più semplice fare le leggi, più forte il ruolo del Parlamento e maggiore il controllo degli elettori. Questo ovviamente renderà più forte il Paese. La vittoria del No lascerebbe tutto così com’è».
  • Debora Serracchiani:  “È giusto, che ci sia un luogo fisico dove si trovano i rappresentanti dei territori, che tra l’altro valutano anche l’impatto di normative comunitarie sulle politiche e prassi locali”. Inoltre il nostro sistema spende “troppo tempo per legiferare per le dinamiche delle imprese di oggi.” Non ci saranno più Decreti Leggi (solo in casi eccezionali) e verrà meglio definita la potestà concorrente, ossia il rapporto stato-regioni che crea sovrapposizioni e confusione.

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