Guardo un filmato di fine anni cinquanta; è estate una signora attempata e appesantita dalla vita, come sono io ora, cammina nella fondamenta della Misericordia sotto un sole implacabile, ha un vestito a fiori come quelli che portavano le vecchie signore della mia giovinezza.
Case nobili e popolari ospitano una popolazione di residenti che però già comincia a guardare a Mestre e Marghera come residenza futura. I bambini giocano in strada e nuotano (malgrado i divieti) nei canali, i giovani lavorano a Marghera nel petrolchimico, o seguono le orme paterne nelle botteghe sparse lungo l’intera fondamenta e nelle calli e callette che da questa si dipartono. Altri giovani vanno all’università e si dividono tra Ca’ Foscari e Padova da cui si va e si torna in giornata, i turisti si concentrano solo nella bella stagione e non arrivano a frotte in questa parte della città.
La Fondamenta prima prende il nome della Misericordia, poi degli Ormesini, quindi delle Cappuzzine e poi, più avanti, Coletti verso la zona popolare di “Baia del re”.
Negli anni la città, e quindi la Fondamenta, hanno subito metamorfosi impensabili: molti residenti vengono sospinti verso la terraferma e la città si riempie di nuove presenze, soprattutto turisti durante tutto l’anno e giovani studenti fuori sede.
Pullulano i bed and breakfast, gli alberghi e le locande, spariscono le botteghe di vicinato e appaiono bacari, pub e ristoranti di ogni tipo per giovani e meno giovani.
Sul finire degli anni ‘70 apre il “Paradiso perduto”, stanzone fumoso e pieno di odori, sapori e soprattutto suoni. Un ristorante popolare e nel contempo ricercato dal punto di vista delle offerte culturali che propone ai suoi ospiti. Il locale rompe schemi rispetto alla tradizionale ristorazione e si riempie di giovani di tutto il mondo.
Poi cominciano ad apparire in tutta la Fondamenta luoghi di ristoro, incontro e diversione.
Oggi una quasi continua fila di locali si susseguono senza soluzione di continuità. Ci sono ristoranti turistici, ristoranti più ricercati e raffinati, birrerie e pizzerie, ora anche un bacaro del gelato.
Cosa dicono i residenti “resistenti” della Fondamenta: confusione, non si passa la sera per la quantità di persone con il bicchiere in mano che conversano impassibili ed immoti fuori dai locali, plateatici immensi (ma saranno legali? Si domandano), gruppi chiassosi ed a volte volgari (come i giovani e le giovani degli addio al celibato, che stanno prendendo sempre più piede), callette usate come orinatoi pubblici, ma anche luci e sicurezza nella Fondamenta un tempo oscura e un po’ inquietante di notte.
Ed ecco gli esercenti che rispondono ad una richiesta di svago e di affermazione di certa cultura locale che è anche fatta dalla cucina, dal bacaro/ritrovo/incontro/aggregazione e che soprattutto generano lavoro.
Nei locali della Fondamenta lavorano baristi, camerieri, cuochi, aiuto cuochi, lavapiatti e poi ovviamente addetti alla pulizia, fornitori, etc. Insomma uno stuolo di piccoli imprenditori, di lavoratori e di attività indotte che non possiamo non considerare.
Infine ecco gli utenti. Bello stare seduti fino a tardi d’estate, lungo la Fondamenta, sorseggiando un bicchiere di Pinot grigio gelato, mentre si spiluccano, a seconda delle possibilità delle nostre tasche, cicchetti golosi o piatti raffinati. Seduti o in piedi (perché magari seduti costa di più), persi e distanti da tutto, con l’amore della nostra vita, o con il gruppo di amici con cui si parla di viaggi fantastici o di rivoluzioni impossibili … ma poi chi lo sa?
Insomma ecco tutti quelli della Fondamenta, quelli che ci vivono perche abitano lì, quelli che ci vivono perché lavorano lì, e quelli che ci vivono perché hanno voglia di vivere anche un attimo lì.
Dobbiamo trovare un modus vivendi, dove tutti ricevano e diano, dove si possa vivere tutti diversamente ma in armonia, perché Venezia continui ad essere Venezia e dove le istituzioni aiutino a mettere insieme questo complicato puzzle.