Doña Mila e il Partito Democratico.

di Marina Rodinò

C’era un tempo in cui i giovani erano bambini, e noi eravamo più giovani. Ho vissuto all’epoca in una sorta di “Comune”, dove noi adulti ci dedicavamo al lavoro ed alla “rivoluzione” ed i nostri figli erano obbligati dalla nostra vita a vivere nel caos appassionato/tragico/umano di una periferia del cosiddetto terzo mondo.

Eravamo giovani di nazionalità diverse, ognuno con diversa professionalità, tutti all’interno di una equipe “multidisciplinare e interistituzionale”, tutti accomunati dall’idea che stavamo partecipando alla storia per migliorare le vite di tutti.

Ovviamente sul metodo più opportuno per il raggiungimento dei nostri obbiettivi tra noi c’erano diversità di visione, che a volte sfociavano in tensioni e diatribe, ma che comunque ci portavano sempre ad imboccare una strada comune e ad imbroccare le soluzioni più opportune.

Ovviamente tra noi c’erano differenze nello stile di vita e nella visione educativa dei figli, ma questo nostro strano progetto di genitorialità comunitaria deve essere stato positivo, perché quei bambini sono oggi giovani uomini e donne appassionati, seri ed affidabili.

Comunque le nostre vite si reggevano grazie alla presenza di doña Mila, una saggia e fantastica vicina che si era resa disponibile a governare la casa e la nostre vite. Mila si occupava anche  dell’allestimento dei pasti e qui si presentavano delle “querelle” non indifferenti tra i commensali più giovani che protestavano a volte veementemente sulla impossibilità di consumare alcuni degli alimenti proposti.

Dopo un periodo di particolari capricci  ed ammutinamenti doña Mila un pomeriggio riunì tutta la ciurma giovanile e chiarì una serie di fatti.

Stabilito che bisognava considerare che ogni giorno venivano imbanditi pranzi e cene per un numero considerevole di commensali, per cui non c’era certo tempo per preparare piattini speciali, stabilito il luogo in cui ci trovavamo e quindi i prodotti offerti dal mercato locale, stabilito il budget giornaliero oltre cui non si poteva andare, considerato che l’obbiettivo era alimentarsi bene, ma anche evitare quotidiane tensioni all’ora di pranzo che non facevano altro che appesantire il clima interno della casa e trasformare in tragedia il momento della consumazione collettiva del pasto, che era anche momento di dialogo, di comunicazione, di racconti delle vite nostre e di quelli che incontravamo, di proposte e progetti, nonchè di retroalimentazione dell’anima prima di proseguire la giornata, per ricostruire una serena e fattiva comunità prandiale Mila propose quanto segue:

Ognuno dei bambini poteva dichiarare due alimenti che abborriva in assoluto e da quel momento in poi lei avrebbe evitato di inserirli nel menù quotidiano… ma nessuno avrebbe più protestato per il resto delle proposte.

Furono eliminate le melanzane, alcuni vegetali locali, un pesce sotto sale ed altro che ora non ricordo… ma funzionò ed il patto tenne. Con saggia attenzione e capacità di direzione Mila riuscì ad accomunare i sapori delle nostre terre d’origine, con quelli di questa nostra nuova terra comune, considerando le intolleranze individuali, e stabilendo pian piano menù sempre più ricchi di elementi, sapori e colori, che costituirono il nuovo gusto di quella nostra umanità variegata.

Ecco ora io penso a quella piccola comunità piena di speranze, sogni, passioni come al Partito Democratico, ed a Mila come al futuro Segretario Nazionale.

Eravamo e siamo tanti e diversi ma con questa passione di far politica per cambiare il mondo. E’ altrettanto chiaro che esistono diverse concezioni sul come arrivare a cambiarlo questo mondo ed allora ci si presentano due possibilità: andare gli uni contro gli altri senza possibilità di dialogo e senza speranza non solo di un cammino comune, ma soprattutto di essere un riferimento politico interessante in questo difficile momento del nostro paese e dell’Europa – e devo dire che alcuni nostri post che vedo su facebook di adesione ai vari candidati (tutti e tre, non solo alcuni) a volte mi causano certo sconsolato fastidio – oppure trovare il modo di cominciare a mettere in rilievo ed in comune alcuni temi che riteniamo fondamentali ora e lasciando indietro quelli che sono per noi più “urticanti”, che non vuole dire metterli via per sempre, ma metterli solo al momento da un lato fino a quando potremo rielaborarli assieme, quando tutto ciò che abbiamo deciso di avere in comune sarà talmente parte di tutti noi da farci affrontare anche il resto con serena pacatezza. Insomma via le melanzane finchè non avremo acquisito insieme il gusto per nuovi sapori, ma via libera alle patate in tutte le loro possibili preparazioni.

Non facciamoci del male e non facciamo male al paese.

Lascia un commento