Le chiavi del Paese

di Marco Caberlotto –

Che fare domenica 4 marzo? Starsene a casa, sotto le coperte, magari con tè, biscotti e un bel filmetto, protetti dal freddo polare di questi giorni? Oppure uscire e andare al seggio? E poi, in cabina, con in mano la fatidica scheda, che fare? A quale lista accordare la preferenza?

Le domande incalzano, per molti il dubbio non si scioglie. Anzi, ad ascoltare le roboanti promesse irrealizzabili dei partiti, le perplessità aumentano.

Almeno, la nuova legge elettorale permette la riconoscibilità dei candidati nei collegi. Bene, peccato che tutte le liste siano state fatte di fretta, di certo non secondo le migliori logiche né secondo il buonsenso.

Ohibò, che fare? Scoraggiarsi? Fare un voto di protesta? Accodarsi a chi, sempre e comunque, dice che tutto va male, che non c’è speranza, che sono tutti uguali? No, io non ce la faccio.

Non posso sopportare la negazione dell’evidenza: pur con tutte le difficoltà del caso, pur con gli errori (anche gravi) commessi, veniamo dalla miglior legislatura da molti decenni. L’Italia, finalmente, sta recuperando dalla più lunga e profonda crisi economica e sociale del Dopoguerra, con un tessuto di imprese manifatturiere e di servizi che stanno finalmente riprendendo a investire nelle persone, nella tecnologia, nel futuro. Ancora troppo poco, ma la strada è quella giusta. Pur in assenza di forti ideologie e punti di riferimento come in passato, gli italiani hanno ripreso fiducia in se stessi. Anche grazie a istituzioni che hanno recuperato in credibilità internazionale.

Ora, tornare a dare le chiavi del Paese alle figure che hanno minato le basi della fiducia dei nostri alleati e partner nel mondo, mi pare poco furbo. Far guidare ancora, dopo 20 anni di fallimenti, l’Italia all’uomo che preferiva la bagarre continua, attaccando magistratura e lo Stato tutto, pur di distogliere lo sguardo da ciò che non andava o che non riusciva a riformare, mi pare poco furbo. D’altro canto, dare fiducia a chi si proponeva come forza rivoluzionaria, ma che non ha avuto il coraggio di cambiare il Paese quando Bersani è andato a chiederglielo, preferendo rintanarsi nell’angolino da cui strillare e attaccare tutto e tutti, mi pare altrettanto poco furbo. Votare proprio quelli che non hanno avuto il coraggio di approvare riforme importantissime, sul fronte dei diritti civili, che finalmente ci hanno portato al passo con i più avanzati Paesi europei, mi pare poco lungimirante.

Spero invece che si affermi la coalizione di centrosinistra, l’unica che ha le idee chiare ed è unita sul futuro del Paese, sulle politiche economiche per le famiglie, per il lavoro, per i giovani, per i diritti e per l’Europa, e che il Partito Democratico abbia la forza in Parlamento per difendere le buone riforme fatte, portarle a compimento e guardare avanti. Spero che la semplicità, il rigore e la compostezza del presidente Gentiloni convincano gli italiani a far emergere una maggioranza progressista, riformista, europeista. Spero si possa continuare a costruire un futuro migliore, non sguaiato e non basato sulle paure, ma sulla speranza e sulla consapevolezza che possiamo farcela. L’Italia che lavora, che studia, che si impegna, se lo merita. Sta a noi, col buonsenso e col sorriso, essere il baluardo dello sguardo verso il futuro, verso la crescita, verso l’Europa.

A quanto pare, il vento soffia in un’altra direzione. Oppure, mi chiedo, non è che non siamo ancora stati sufficientemente bravi da far breccia nell’opinione pubblica? Penso che le nostre idee nel Paese siano ancora maggioritarie, diamoci da fare, senza paura, a testa alta.

Marco Caberlotto

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